Scenarchitettura
Due vite parallele
"Un
tempo la scenografia era architettura. Più tardi divenne imitazione
dell'architettura. Più tardi ancora imitazione dell'architettura
artificiale.
Allora perse la testa, diventò pazza e da quel momento si trova in
manicomio."
Gordon Craig, 1913
Per
secoli l’Architettura è stata l’Arte-Scienza del per sempre, mentre la
Scenografia rappresentava l’Architettura del temporaneo.
Guardando al passato l'Architettura
ha avuto il ruolo di madre delle arti, esplicitato attraverso il
linguaggio più vasto, universale e stabile in assoluto, perché capace
di comprendere in se stessa, nel suo spazio e dimensioni, tutte le
altre arti.
Parallelamente la Scenografia ha
rappresentato, nel corso della storia, quella sintesi tra testo
teatrale e attore, un nesso visivo e fisico che “ospitava” al suo
interno l’azione scenica contenendola e assecondandola nel suo fluire,
attraverso la costruzione di uno spazio “effimero” proprio perchè
limitato nel tempo.
Tre aspetti della Scenarchitettura come modificazioni della forma tempo
A - L'Architettura diventa temporanea
La Scenografia negli ultimi anni sta immergendo nel suo dramma l’Architettura. Edifici mutanti, caleidoscopici, vere e proprie macchine sceniche a scala di edificio, o materiali evanescenti, impalpabili, destinati a una esistenza limitata nel tempo: queste realtà stanno delineando un nuovo corso del rapporto arte-architettura sotto la spinta dell’era dell’immagine.
B – La Scenografia diventa "per sempre"
Attraverso passaggi continui da una disciplina all'altra, si è generata una nuova metodologia che ha trasformato il concetto ideologico di linguaggio architettonico e tipologia in favore di una identità autoreferenziale e autoreferenziata, costruita su una contaminazione visiva continua. Il risultato di questo processo sono “architetture contaminate” o “scenografie cristallizzate” rese temporalmente immutabili, possono altresì essere intese come il riusultato di azioni progettuali volte a cristallizzare una immagine in una sua rappresentazione tridimensionale (reale o virtuale) in forma di edificio.
C - La Scenografia invade gli spazi dell'Architettura
Finora
il protagonista della Scenografia è stato lo spazio “interno” del
teatro, quello spazio che non poteva essere rappresentato compiutamente
in nessuna forma, che non poteva essere appreso e vissuto se non per
esperienza diretta.
Ma ormai da più di mezzo secolo l'esperienza spaziale propria della
scenografia invade gli edifici, si prolunga nella città,
nelle strade e nelle piazze, ovunque l'opera dell'uomo ha
limitato dei "vuoti", ha cioè creato degli spazi racchiusi.
La ScenArchitettura si attiva proprio quando il teatro esce dagli
"spazi deputati" per diventare teatro-architettura, teatro "urbano"; in
questo caso il Luogo -inteso come complesso di relazioni spaziali e
sociali- non può essere considerato solo un semplice "contenitore"
(Teatro di Strada), nè ridursi a soggetto/oggetto della scena (Teatro
dei Luoghi). Il Luogo deve assurgere a elemento drammaturgico fondante,
necessario oltre che unico, animando e caratterizzando la sostanza di
un testo teatrale.
La Scenarchitettura in questa accezione viene definita come un
complesso di azioni progettuali volte a trasformare uno spazio
architettonico e/o urbano per comunicare un contenuto preesistente col
quale instaurare un rapporto dialettico.
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